Castelmagno d'alpeggio
La Val Grana conserva un
patrimonio di pascoli ricchi di essenze foraggere incontaminate e numerose
varietà di erbe e fiori endemiche. La sua economia è legata alla produzione
artigianale del Castelmagno, che nell'occitano di queste valli si dice
castelmanh: un formaggio di latte vaccino con minime aggiunte di latte ovino o
caprino (da un minimo di 5% a un massimo del 20%). Le prime notizie sulla sua
produzione risalgono al XII secolo, riportate in una sentenza del 1277 che già
impone, per l’affitto di alcuni pascoli dal Marchese di Saluzzo, un versamento
non in denaro ma in una certa quantità di forme di Castelmagno. L’Ottocento è la
sua epoca d’oro: il Castelmagno diventa il re dei formaggi piemontesi e compare
nei menu dei più prestigiosi ristoranti di Parigi e di Londra. Poi inizia la
decadenza: con le guerre e lo spopolamento della montagna, il Castelmagno
rischia seriamente di scomparire.
Oggi il Castelmagno in
commercio è spesso prodotto in caseifici di valle ma ci sono ancora malgari che
lavorano il latte delle proprie vacche in alpeggio secondo la tecnica antica: ad
esempio quelli della frazione Chiappi, oggi riuniti nel Presidio Slow Food. Le
malghe sono situate a quote superiori ai 1600 metri: qui, la grande varietà e
fragranza delle erbe e dei fiori, arricchita dalle graminacee, in particolare
poa e festuca, conferisce al Castelmagno caratteristiche organolettiche di
eccellenza. Una ricerca botanica condotta dall’Università di Torino sta
studiando le caratteristiche dei pascoli e dovrebbe concludersi con il
riconoscimento dei migliori “cru”. La tecnica di caseificazione del Castelmagno
prevede la rottura della cagliata in grumi grandi quanto un chicco di mais o al
più una nocciola. La massa ottenuta si lascia sgrondare per 24 ore in un telo
(la risola) che viene annodato a formare un fagotto e appeso. Dopo circa un
giorno si effettua un’altra rottura in cubetti. La massa, raccolta nuovamente,
rimane ad acidificare per tre, quattro giorni sotto siero prima di essere
triturata e rimpastata con aggiunta di sale e poi pressata per un giorno nelle
forme. Successivamente il Castelmagno è posto a stagionare in ambiente naturale
almeno per 120 giorni.
Il Castelmagno ha una forma
cilindrica con dimensioni variabili da 15 a 25 centrimetri di diametro mentre
l’altezza dello scalzo va dai 12 ai 20 centimetri. Ogni forma pesa da 5 a 7
chilogrammi. La crosta del formaggio giovane è liscia e chiara ma con l'avanzare
della stagionatura da giallo-rossastra diventa più scura, spessa e rugosa e il
sapore, nei primi mesi latteo e delicato, tende via via al piccante intenso.
La pasta è di colore avorio e
morbida: dopo la maturazione acquista più compattezza e un colore più scuro, a
volte con sfumature blu-verdastre dovute allo sviluppo delle muffe penicillium ,
responsabili dell’erborinatura.
Il Presidio
Questo formaggio, che per la
sua grande storia ed eccellenza ha ottenuto la Doc nel 1982 e la Dop nel 1997,
oggi sta attraversando una fase critica. Molto del prodotto in commercio non
possiede più le caratteristiche originarie e molta della produzione di
caseificio non ricorda più i Castelmagno di un tempo, alcuni dei quali affinati
in grotta erano straordinari. Per ristabilire le sue caratteristiche originarie
Slow Food ha avviato un Presidio che riunisce quattro piccoli produttori di
malga e un affinatore che ha messo a disposizione i suoi locali per la
stagionatura in comune.
Il Presidio si concentra
sulla produzione d'alpeggio realizzata in malga a partire dal mese di giugno
fino a settembre, durante l'estate le vacche pascolano brade, non sono
alimentate con insilati o mangimi che contengano ogm o sottoprodotti
industriali. Il castelmagno d’alpeggio prodotto dai malgari che caseificano
sopra i 1600 metri di altitudine con il latte delle proprie vacche è ottenuto
senza l'impiego di fermenti, da due sole mungiture, e seguendo le tecniche di
produzione rigorosamente tradizionali.
Area di produzione
Frazione Chiappi del Comune
di Castelmagno (provincia di Cuneo)
Stagionalità
La produzione avviene durante il periodo estivo. La stagionatura minima prevista
dal disciplinare del Presidio è di 4 mesi.
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