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Castagna essiccata nei tecci di Calizzano e Murialdo
In Val Bormida sopravvive
un’antica tecnica un tempo diffusa in tutto l’arco appenninico ligure e nelle
valli piemontesi: l’essiccatura delle castagne nei “tecci”. I seccatoi, o tecci,
sono piccole costruzioni in pietra di un solo locale con il tetto di scandole.
All’interno, all’altezza di due o tre metri da terra, un soffitto di graticci in
legno, la graia, permette al calore e al fumo di raggiungere le castagne. Ancora
oggi, nei castagneti dell’Alta Valle Bormida, si trovano tecci attivi nascosti
fra alberi secolari. Dopo la raccolta, le castagne, prevalentemente della
varietà Gabbina (o Gabbiana), si pongono sui soffitti a graticcio, sopra un
fuoco basso e costante alimentato dalla potatura dei castagni o dalla pula. A
mano a mano che procede la raccolta, gli strati aumentano: in totale
l’affumicatura si protrae per due mesi circa. Al termine delle varie fasi di
raccolta, le castagne si girano, portando quelle inferiori allo strato superiore
per rendere uniforme l’affumicatura. Dopo questa operazione, detta “girata”, le
castagne sono esposte al fumo ancora per cinque, dieci giorni e poi battute per
eliminare la scorza. Il Presidio si propone di valorizzare questa antica tecnica
di raccolta e conservazione. Un consorzio di raccoglitori di castagne ha redatto
un disciplinare di produzione che delimita l’area di raccolta e indica nei
dettagli le modalità di affumicatura, di lavorazione e di trasformazione.
A tavola
Si consumano secche oppure
sono ingredienti per biscotti, confetture, creme e gelati. A Natale, con i
frutti più grandi e belli, si preparano tradizionalmente le viette: la ricetta
prevede di lessare le castagne secche per cinque ore in una pentola con un peso
sopra che le mantenga sempre completamente sommerse dall’acqua. Particolarmente
dolci, hanno un sapore che ricorda la frutta candita.
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